Carità in opera contro la povertà sanitaria
Dal Rapporto sulla Povertà Sanitaria 2018

L’altalena della mortalità: dai numeri alle possibili cause

Il dato registrato nel 2017 è stato superato, nell’ultimo secolo di storia nazionale, unicamente nel corso della Seconda guerra mondiale (1940-1945) e, risalendo nel tempo, nel lontano e critico anno 1929
di Gian Carlo Blangiardo, presidente di Istat

Dal più recente bilancio demografico diffuso dall’Istat si rileva come il totale dei morti in Italia, 649 mila nel 2017, sia l’espressione di un aumento di 34 mila unità rispetto al corrispondente dato del 2016. Viene così a riproporsi un nuovo segnale di forte crescita dei decessi, simile a quello che aveva caratterizzato il 2015 (50 mila morti in PIÙ rispetto al 2014), sollevando inquietanti domande circa le sue cause.
Il dato registrato nel 2017 è stato superato, nell’ultimo secolo di storia nazionale, unicamente nel corso della Seconda guerra mondiale (1940-1945) e, risalendo nel tempo, nel lontano e critico anno 1929.
Il richiamo al 1929 appare quanto mai suggestivo e per certi versi attuale, in quanto evoca un legame tra malessere economico e debolezza del sistema socio-sanitario che, pur con tutte le varianti e le riletture indotte dai tempi moderni, può aiutarci a capire l’altalena della mortalità su cui rischia di adagiarsi la popolazione italiana (figura 1, a pagina 17).
Il passaggio dai 615 mila morti del 2016 ai 649 mila del 2017 – così come era emerso in occasione dell’analoga variazione dai 598 mila del 2014 ai 648 mila del 2015 – va letto certamente alla luce “anche” del continuo processo di invecchiamento della popolazione italiana; il confronto però con le tavole di sopravvivenza del 2016 indica che nel 2017 si sono registrati 13 mila decessi in PIÙ rispetto al “solo fatto di avere una popolazione più esposta (per via dell’età) al rischio di morte”. Si tratta di una quota non irrilevante – quasi uguale al totale dei milanesi morti nel 2017 – la cui giustificazione va cercata PIÙ a fondo.


FIGURA 1. Italia: numero annuo di morti nella popolazione residente (2008-2017).


Varie fonti hanno attribuito l’aumento congiunturale della mortalità a eventi climatici avversi per la popolazione PIÙ fragile; è però vero che anche le condizioni di fragilità ambientale andrebbero difese attraverso un sistema socio-sanitario moderno ed efficiente. Le 13 mila morti “da giustificare” (entro le quali vi è un rapporto di tre donne per ogni uomo) potrebbero allora rappresentare la drammatica evidenza dell’incapacità del sistema Paese di proteggere proprio quella componente anziana e PIÙ debole che gli scenari demografici, combinati alle persistenti difficoltà sul piano dell’economia e del welfare pubblico, prospettano come segmento in continua crescita.

Le oscillazioni attorno al trend in atto prefigurano una dinamica selettiva che riflette condizioni di profonda disuguaglianza nell’accesso alle forme migliori di prevenzione e assistenza. Sono fondamentali, in tal senso, sia la rete familiare che quella amicale, così come è irrinunciabile la funzionalità delle istituzioni che intervengono in modo sussidiario e agiscono a integrazione del sistema di sanità pubblica, specie quando accade – come è avvenuto negli ultimi anni – che quest’ultimo sia in affanno nel coprire adeguatamente e in modo equo i crescenti bisogni della popolazione.

È importante fare in modo che i tagli della spesa pubblica, che non hanno certo risparmiato la sanità, non si riflettano in un accrescimento del rischio di mortalità per i gruppi sociali tipicamente PIÙ fragili – i vecchi e i “grandi vecchi” PIÙ di ogni altro – che vanno via via accrescendosi. L’impegno di tutti deve essere speso nel fare in modo che il mito del controllo della spesa sanitaria, importante e doveroso, sia anche equo e attento ai reali bisogni delle persone. Si tratta di un obiettivo, di estrema importanza e di grande responsabilità, da perseguire con intelligenza e umanità, senza mai cadere nella pericolosa tentazione di una sudditanza ai conti “sempre e a qualunque costo”.