Carità in opera contro la povertà sanitaria
Avvenire, 23/08/2018

Farmaci, ecco il sistema sanitario solidale

Nel 2017, 535.000 persone hanno chiesto e ottenuto assistenza medica da oltre 1.700 strutture caritative. Siamo in presenza di un quarto pilastro nazionale, che si aggiunge a quello finanziato dal Ssn, a quello integrativo e a quello privato
di Giancarlo Rovati* e Luca Pesenti**

Nell’agosto 2016 la moglie del premio Nobel Amartya Sen fu ricoverata d’urgenza al Policlinico Gemelli. Al termine della degenza, l’economista si sentì in dovere di elogiare il sistema sanitario italiano per la possibilità - per chiunque, ricco o povero, italiano o straniero -, di ricevere cure gratuite. La logica di tale opportunità, conosciuta come universalismo (i cui meriti derivano dalla concezione che 40 anni ispirò il nostro SSN) è oggi sempre più in discussione.

La traduzione operativa dei suoi principi è disomogenea per ragioni organizzative e gestionali: al deficit organizzativo si devono i casi di malasanità; a limiti di visione politico-organizzativa, la carenza di personale medico che si manifesterà nei prossimi due anni anche nelle regioni efficienti per effetto dei pensionamenti e dell’insufficiente programmazione del turnover.

L’universalismo incontra i principali ostacoli non tanto sul versante dell’emergenza, quanto sul quello dello screening ordinario e delle patologie croniche, in aumento per l’invecchiamento della popolazione. L’allungamento dei tempi d’attesa è effetto (e strumento) del contingentamento degli accessi per far fronte alla carenza di risorse.

Nascono anche da questi limiti le preoccupazioni per la crescita della spesa a carico delle famiglie. Una ricerca del 2017 promossa da Banco Farmaceutico (che al Meeting di Rimini, venerdì alle 12.30, presenterà il convegno “Pubblico, privato e non profit: spunti per un nuovo welfare sanitario integrato”) segnalava che 1/3 degli italiani ha rinunciato almeno una volta alle cure per cause economiche. Il 3° Rapporto sulla sostenibilità del SSN della Fondazione Gimbe ha stimato per il 2016 un esborso da parte delle famiglie di circa 40 miliardi di euro, in crescita negli ultimi anni. Ma l’analisi di tale spesa invita alla prudenza nell’associare questo dato alla necessità di supplire alle carenze di risorse pubbliche: i ricercatori del Gimbe evidenziano come parte rilevante di questi 40 miliardi sia una spesa non necessaria: farmaci pagati a prezzo pieno benché rimborsabili, prodotti omeopatici, test diagnostici non necessari. In tutto, circa 16 miliardi.

Il tema è complesso. Le difficoltà rispetto a componenti di spesa non coperti dal SSN o legate a liste d’attesa troppo lunghe aumentano, ma cresce anche un modo consumistico di affrontare i problemi della salute.

Resta invece in un cono d’ombra la popolazione in condizioni di “indigenza sanitaria” a partire da una condizione di “indigenza economica”. L’effetto cumulato di queste povertà rende problematica la vita quotidiana di queste.

La documentazione più eloquente di tale situazione giunge dall’incremento delle richieste di aiuto sanitario ed economico registrato dagli enti caritativi.

Se gli ultimi dati Istat segnalano che nel 2017 gli indigenti superano i 5 milioni di persone (8,4% del totale), i corrispondenti dati dell’Osservatorio Donazione Farmaci (ODF) di Banco Farmaceutico rilevano che, nel 2017, 535.000 persone hanno chiesto e ottenuto assistenza sanitaria da oltre 1.700 strutture caritative.

L’entità della risposta non è di poco conto se paragonata alle risorse a disposizione di queste strutture che vivono di donazioni fluttuanti e in diminuzione.

Siamo, a tutti gli effetti, in presenza di un 4° pilastro dell’assistenza sanitaria nazionale, che si aggiunge nei fatti agli altri tre comunemente considerati: quello finanziato dal SSN, quello integrativo (contratti collettivi), quello finanziato dalla spesa privata. Si tratta di un soggetto capace di trasformare le donazioni in un vero e proprio Servizio Sanitario Solidale che – pur esistendo parallelamente al servizio pubblico - rende più sostenibile l’intero sistema e dunque meriterebbe di essere classificato e contabilizzato dalle più influenti fonti della conoscenza presenti a livello nazionale e internazionale.

*Coordinatore scientifico di OPSan, Professore di Sociologia all'Università Cattolica di Milano
** Direttore di OPSan e docente di Sociologia all'Università Cattolica di Milano